La Gnosi è veicolo e forma di redenzione
Malgrado il lavoro interiore sia assolutamente imprescindibile per rivoluzionare il nostro Essere, è però necessario affermare che esso non può venire in alcuno modo imposto, ma solamente suggerito e lasciato intuire. Qualora sia imposto il singolo non lo sposerà per libera scelta, ma per mancanza di alternativa, per accettazione del gruppo, per sudditanza nei confronti del maestro, o per una qualsiasi altra ragione profondamente sbagliata. Qualora la sua non sia un'adesione spontanea, ma un obbligo, esso diverrà non una via di autoconsapevolezza, ma sarà ancora una volta elemento relativo, caduco e opportunistico. Ovvero un nuovo velo della Grande Illusione, che andrà a sommarsi agli altri, nella quale lentamente e inesorabilmente perdersi ed addormentarsi.
È triste osservare quanti vivono male questa scelta imposta o auto imposta, quanti ripensamenti, mutamenti drastici e tensioni porti nella loro vita; creando dramma su dramma. Dobbiamo capire che qualsiasi cosa vissuta come un obbligo è un male e neppure il più nobile obiettivo, se non realmente sentito, può essere adottato senza trasformarsi, alla lunga, in una possente catena. Del resto è opportuno considerare come non tutti hanno in sé una vocazione al lavoro interiore, molti tenderanno a giustificare il proprio stato dell'essere, altri ancora neppure volgeranno lo sguardo oltre la punta del proprio naso. Ciò perché molti di noi sono nati o senza una forza interiore capace di essere impiegata in tale opera, oppure senza nessuna sensibilità verso la comprensione dell’essere.
In assenza di questa ferma motivazione interiore, volta alla presa di coscienza, molti continueranno a oscillare fra istanze psicologiche, contrapponendo una visione della vita ad altra visione della vita, oppure semplicemente sosterranno quella che è più comoda in un dato momento. La strada a minima resistenza è sempre in agguato. L'uomo è portato a credere alle filastrocche, alla cantilena interiore, che hanno come effetto quello di ipnotizzarlo. La cantilena interiore è come una madre sempre feconda. Essa si articolerà in una pluralità di storie prive di verità, ma proprio il loro numero, la loro ripetizione, la loro costante presenza porterà l'uomo a credere in esse, rendendolo come un povero insetto caduto in una ragnatela mortale. È bene ricordare che l'uomo non è un animale sociale, ma un animale socializzato, che per opportunismo, non per vocazione, si riunisce in gruppi di persone. Ciò avviene solo per utilità, solo per interesse, solo per sopravvivenza e, talvolta, solo per benessere proprio a danno di quello altrui. Questo è l'uomo inferiore, o uomo naturale. Ecco quindi che la filastrocca risponde a una precisa esigenza: solo chi è ammaestrato, o ammaestrabile, è socializzato. Come non riscontrare il vero in queste parole? Non basta forse osservare come i nostri simili ancora oggi mantengano fiducia in capi politici che hanno tradito i propri popoli, che si sono inventate prove per scatenare guerre, che imputano ad altri leader azioni vergognose che hanno commesso essi stessi il giorno prima? Fino a quando a noi non capita niente di terribile tutto va bene, tutto è tranquillo, tutto è in pace. Poco importa che attorno sciagure e disgrazie siano a banchetto, la cantilena interiore ci suggerirà come a noi non può accadere e che gli altri sono dei poveri sprovveduti.
Invito ognuno ad ascoltare la cacofonia eternamente presente dei nostri pensieri e a rintracciare in essa quale parte della nostra struttura psicologica si manifesta. Il momento migliore, per quest’analisi, è la sera prima di addormentarsi, quando attorno a noi tutto è quiete. È quindi quel sottile diaframma fra sogno e veglia, il frangente più indicato per prestare ascolto alle sirene della nostra mente e accorgersi della loro nefasta presenza. Chi sta pensando in quel momento? È un automatismo? Quante voci sono in noi che pretendono egualmente assoluta attenzione? Carissimo amico, queste voci sono le sirene della mitologia greca, che incantavano gli ignari e sprovveduti viaggiatori. Lusingandoli con ipnotiche melodie, fascinandoli con le movenze di corpi sensuali, fino a farli divenire folli al punto di gettarsi nelle acque dove erano divorati. Così queste voci, queste fantasie interiori, queste filastrocche, ci ammaliano rendendoci dei prigionieri dimentichi di noi stessi, in attesa della completa consunzione.
Ecco quindi che animati da volontà di conoscenza, di comprensione della nostra poliedrica e frammentata esistenza, dobbiamo tradurre in pratica questa nostra intenzione, in modo che non sia solamente un vuoto auspicio destinato a perdersi come i buoni propositi di fine anno. Tornando quindi alla metafora del prigioniero, sappiamo che questo si capacita della propria condizione nel momento in cui vede le sbarre e le mura che limitano la sua libertà. Comprendendo intimamente come i nostri impedimenti sono interiori, ecco che è tramite l'autosservazione che ha inizio il lungo, doloroso, processo di libertà.
In un precedente paragrafo ho parlato del mito della Caverna di Platone, desidero, per far comprendere quanto sia duro progredire lungo la via del risveglio interiore, spendere su di esso alcune ulteriori considerazioni.
La reazione violenta degli uomini raccolti della caverna, innanzi a colui che chiede loro di volgere lo sguardo altrove, ci suggerisce che, per molti, è preferibile una comoda bugia, una dorata prigionia, un sentiero conosciuto, piuttosto che divenire consapevoli cercatori della Verità. Ciò è riscontrabile nella vita di tutti i giorni, quante volte perseveriamo in una condotta che sappiamo essere ipocrita o di comodo, solamente perché temiamo l’imprevisto associato ad un nostro riscatto esistenziale? Nella caverna platonica tutto ha significato in cinque elementi:
1. La caverna rappresenta il mondo degli uomini, il profondo quaternario, il freddo e il basso vibratorio. Relegato nelle profondità siderali e punto lontano rispetto al centro di diffusione della divina sapienza.
2. La luce è la divina sapienza, che rappresenta veicolo e forma di salvezza. Invero è l'anelito alla luce che riesce a spezzare le catene che relegano l'uomo nella sua profonda e brutale ignoranza.
3. Le persone con il volto alla parete della grotta, rappresentano la condizione umana, separata dalla luce e ostacolata, dalla materia e dai condizionamenti, alla perfetta comunione con essa.
4. Le ombre che danzano sulla parete, simboleggiano la falsa verità: le nostre sicumere.
5. L'odio verso colui che ci chiede di guardare oltre, raffigura la nostra resistenza al cambiamento, la paura di volgere altrove il nostro sguardo.
È interessante che l'uomo per incontrare la luce debba voltarsi ed uscire dal ventre della caverna. Ciò potrebbe rappresentare anche la necessità di ripercorrere i nostri passi verso una società diversa dall'attuale modello di sviluppo, che ci ha relegati all'interno di questa grotta dalle spesse pareti. Ancora, questo mito, suggerisce la necessità di una seconda rinascita: l’emersione dall’utero delle convenzioni e dei confinamenti – sicuramente appagamenti in una certa misura – verso la Vera Luce.
Amico mio tutto ciò non è un mero esercizio filosofico, quanto piuttosto il discrimine se permanere nella nostra condizione di inconsapevoli automi, oppure accettare che in noi vi sono dei meccanismi che attivamente operano al fine di lasciarci dormienti e silenti.
Il primo, ed utile, strumento per rompere questo potere ipnotico, esercitato dalla nostra struttura psicologica e dalle eggregore di questo mondo, è l’autosservazione.
L'autosservazione si compone di due fasi: la prima è una meticolosa retrospezione di tutti gli accadimenti che hanno determinato un mutamento nel nostro modo di porci con noi stessi e con gli altri. La seconda è l'introspezione di questi cambiamenti nei vari livelli del nostro essere, in modo da comprendere i sottili collegamenti che come i fili della tela di un ragno tutto avviluppano in noi, e per sommatoria tutto determinano nel mondo attorno a noi.
È utile precisare che l'autosservazione è uno strumento attraverso cui rispondere a due domande che si manifestano nell’uomo impegnano lungo la via della conoscenza. La prima domanda consiste nel chiedersi se l'insieme dei nostri comportamenti, che determina la nostra vita, è funzionale o disfunzionale alla nostra stessa esistenza. La seconda domanda è l'interrogarsi se non vi siano delle qualità, capacità, abilità, latenti o potenziali sommerse in noi, che potrebbero svilupparsi compiendo scelte diverse. A posteriori possiamo affermare che i comportamenti disfunzionali sono energivori, e ovviamente pregiudicano l'emersione di quelle abilità in noi innate. Al contempo possiamo sostenere che l'emersione di dette abilità contribuisce a correggere le funzioni percettive - cognitive, biofisiche e biochimiche, presenti in noi e quindi a rimuovere o ricondurre all'ordine ciò che prima era caos, più o meno compensato. Tale precisazione è dovuta poiché è necessario imparare a distinguere gli strumenti dall'obiettivo. Il nostro fine è la conoscenza interiore, mentre l'autosservazione è uno degli utili strumenti per conseguirla. Perdendo di vista la meta ci troveremo a girare in tondo, saltando da sentiero a sentiero, oppure a collezionare strumenti e rituali come altri fanno raccolta di francobolli. Ecco quindi come idea e volontà, sono fra loro indissolubilmente unite, e l'assenza dell'una inficia ogni possibilità di lavoro, anche se siamo alla presenza dell'altra.
In conclusione l'autosservazione è utile strumento che possiamo impiegare per acquisire una centralità rispetto alle molteplici filastrocche che noi e il mondo amiamo raccontare e ascoltare. L'autosservazione ci porta a comprendere da dove una filastrocca nasce, e per quale motivo essa rimbomba in noi. Scopriremo che nel suo cono d’ombra, esiste un trauma, un nodo irrisolto, un'istanza separativa, o un elemento di prevaricazione che tramite essa preserva e manifesta se stesso. È il percorso a ritroso di Teseo nel labirinto del Minotauro, che per trovare la via di uscita, seguì il filo di Arianna. Così noi seguendo la fumosità della filastrocca interiore, entreremo in profondità nel labirinto della nostra mente, alla ricerca dell'elemento disfunzionale che la sta generando. Una volta trovato, lo osserveremo e capiremo così da quale nodo irrisolto della nostra vita ha origine.
Amico mio, diffidiamo di chi propone percorsi basati sulla sterile riproposizione di rituali formali, di cerimonie ottocentesche dalla dubbia coesione e prospettiva tradizionale. Senza un’adeguata pratica interiore, senza un controllo del corpo e della mente, senza una pratica individuale tutto è vanità e inutilità.
Esercizio
Fermati un istante, sorprenditi durante il corso della giornata. Interrogati su quali propositi, quali volontà, quali motivi ti hanno condotto esattamente dove sei adesso. Non arrestarti all’apparenza, alle facili risposte (il lavoro, la famiglia, gli amici, il bisogno), ma cerca di andare in profondità, di individuare cosa esattamente si cela dietro al motivo per cui sei dove sei.
Esercizio
Individua una situazione, una condizione, della tua vita che reputi deprimente, ipocrita, o di comodo. Rivivila nel silenzio della tua mente, assapora ogni aspetto di essa. Cerca di comprendere quali aspetti della tua struttura psicologica sono appagati da essa, e come questa influisce sulla tua vita e sulle tue prospettive.
(TRATTO DA: UOMO ENTE MAGICO )
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