"Il Sacro"

L’umanità, fin dai propri albori, sembra avere intrattenuto un rapporto di reciprocità molto stretta con l’inafferrabile dimensione del sacro, al punto tale che risulta arduo darne una definizione che non sia in chiave filosofica e antropologica. Il sacro, secondo le varie scuole di pensiero che ne hanno tentato uno studio, è percepibile in quanto manifestazione del divino, ovvero ierofania (ad es. Mircea Eliade), piuttosto che come dialettica con la sua opposta dimensione, che è la profanità (ad es. Durkheim). La linguistica individua nell’origine dei termini di varie lingue sia indoeuropee che non, radici con significati comuni, sempre convergenti versi l’idea di onorare e adorare la divinità, o comunque con significati legati al destino dell’anima e alla spiritualità.

Sia che si tratti della lingua greca (hagnòs-hàgios-hieròs), del latino (sacer-sanctus) o dell’ebraico (qadosh), ogni termine traducibile come “sacro” nelle lingue antiche, solo per citare quelle più vicine ai nostri ambiti culturali, trova etimologicamente il proprio significato in ciò che indica il divino, gli attributi del divino, l’ambito afferente alla divinità, comunque a qualcosa che è altro rispetto all’ambito puramente umano. Il termine sacro è dunque sempre stato usato per designare una dimensione radicalmente separata dalla dimensione umana, o per meglio dire, profana, eppure manifestantesi proprio nella dimensione umana. Il sacro ci riporta all’idea dell’indefinibile ma chiaramente percepibile, racconta millenni di storia di un’umanità che tenta di plasmare e rendersi adatta a denominare il trascendente che scaturisce, misteriosamente, nella vita di ogni giorno. Il punto è proprio “rendersi adatta”, perché il rapporto con la divinità e la dimensione sacra è fatto del tentativo di abbellire il mondo profano per renderlo degno dell’ineffabile potenza che desta meraviglia e riporta l’uomo alla sua piccolezza di fronte all’immenso. Dalle prime incisioni rupestri alle più complesse liturgie e rituali simbolici, il rapporto dell’uomo col sacro è raccontato dalla ricerca del bello, della virtù, della tensione verso la perfezione. Il sacro nella storia dell’uomo diviene però non solo emblema di potenza divina, quanto oggetto di una ricerca costante col fine di stabilire una relazione via via sempre più intima con la dimensione sacra; la presenza di semi-dei, frutto dell’unione tra mortali e dei, è ad esempio una caratteristica comune di molti impianti mitologici dell’antichità, ma la stessa figura di Gesù Cristo indica lo scaturire della divinità nella materialità della dimensione umana, e proprio da Cristo, punto di arrivo delle religioni e dei culti misterici dell’antichità, parte il grande viaggio da cui sono poi nate le varie istanze dell’iniziazione nel mondo occidentale. E’ infatti innegabile che il perno di ogni scuola misterica occidentale sia il Cristo.

Caratteristica peculiare dell’approccio occidentale, religioso e iniziatico, al sacro, è la trascendenza della dimensione divina, spesso declinata come assoluta inconoscibilità, ma che si rivela all’umano attraverso segni, simboli, entità intermedie, mentre in altri contesti culturali, lontani dai monoteismi occidentali, la divinità è immanente all’universo stesso, e con esso ne condivide le dinamiche.

Nella prospettiva di un’assoluta trascendenza della divinità si pongono anche le correnti iniziatiche moderne più fedeli alla tradizione spirituale dell’occidente, che ripercorrono la mitopoiesi fondativa della religio cristiana, proponendo percorsi di analisi ed ermeneutica con metodi affini a quelli delle antiche scuole filosofiche dello gnosticismo storico. Nella cornice di un’assoluta trascendenza della dimensione divina, fuori e antecedente all’esistenza stessa del tempo e dello spazio, l’universo viene visto scaturire dalla decadenza di una perfezione ante-originaria, dalla rottura di un equilibrio di perfezione, che porta alla nascita di tutta una dimensione manifestativa, la quale funge da matrice per l’esistenza creata, dominata da forze temporali e spaziali che tengono imprigionata e sopita l’anima dell’uomo nel mondo dei sensi dominato dalla morte, nel tentativo di soffocare gli aneliti della scintilla originaria divina che ha saputo, per Grazia divina, sopravvivere alla caduta, e che sarà la forza motivante che, risvegliata la coscienza dell’essere addormentato, porterà, previa riconciliazione con la propria vera natura spirituale, a compiere quel percorso di reintegrazione verso la dimensione assolutamente oltre e altra, trascendente appunto, al di là della vita e della morte, al di là del tempo e dello spazio. Il sacro si manifesta dunque all’uomo come presenza dell’eternità e della divinità congenita, un fil rouge che rende l’uomo alleato e non succube della divinità. L’homo christianus, e con esso quindi l’uomo gnostico, il magus, l’adepto, è in nuce sacerdote, cioè colui che rende le cose sacre, attraverso l’atto del culto divino, con cui, generazione dopo generazione, mantiene vivo il canale con la dimensione divina trascendente.

E’ importante che, alla luce di questa prospettiva, non sempre ciò che è invisibile e che si riveste di luce, è indicatore del sacro ed è ierofania. La letteratura cristiana, così come quella gnostica ed iniziatica d’occidente, descrivono l’aspetto ingannatori di talune manifestazione che si camuffano da messaggeri del divino, ma che si rivelano in realtà esseri agenti del demonio, o demiurgo, o spirito prevaricatore che dir si voglia.

Il percorso iniziatico e sacerdotale nell’orizzonte della tradizione sacra d’occidente, dunque, è animato dalla ricerca costante della dimensione trascendente e della vera ierofania del sacro, esplicando questa ricerca attraverso svariate modalità, come ad esempio la preghiera del cuore, il discernimento degli spiriti, la purificazione, e trova la codifica di questa ricerca nell’atto supremo del Rito, culmine e processo totalizzante dell’esercizio del Culto Divino.

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