"SALMO 133/132"
(tratto dal libro "I SALMI: STORIA, PREGHIERA, MEDITAZIONE, MAGIA ED ANGELI")

“Ecce quam bonum et quam jucundum habitare fratres in unum!”

 «Come gli uomini debbano amare l’ho imparato da un contadino. Costui si trovava con altri contadini in un’osteria e beveva. Egli stette a lungo silenzioso con gli altri; ma quando il cuore fu mosso dal vino, rivoltosi ad un compagno che gli sedeva accanto domandò: Dì un po’, mi vuoi bene o no? L’altro rispose: Ti voglio molto bene. E il contadino: Tu dici che mi vuoi bene, eppure non sai di cosa ho bisogno. Se tu veramente mi amassi, lo sapresti. L’amico non ardì ribattere e il contadino che l’aveva interrogato tacque di nuovo. Io però capii: amare gli uomini vuol dire cercare di conoscerne i bisogni e soffrire le loro pene».  (di un discepolo di Baal Shem Tov)

 Il Salmo 133 (132) è una composizione poetica estremamente breve e al contempo carica di un profondo immaginario che, se debitamente sviluppato e radicato all’interno del Salmista, potrà sicuramente solleticarne le profonde e nobili corde dell’animo. Con molta attinenza è chiamato il Salmo della Fratellanza, ove l’orante canta della propria felicità nel vivere assieme ai fratelli, riconoscendo in essa bontà (bonum) e piacevolezza (jucundum). Questo estatico trascendimento dell’animo è paragonato all’olio dell’unzione sacra che discendendo per volontà divina dalla testa fino ai piedi, consacra l’uomo quale sacerdote e sacrificatore dell’Altissimo. Al contempo questa condizione di vita fraterna è come la rugiada rinfrescante, nella calura del deserto, che proviene dal Monte Ermon. Intravedo, nell’immagine della discesa dell’olio santo, il preludio all’unzione del Messia; Egli è il Santo dei Santi, il pastore ed il sacerdote del popolo che si è ritrovato nuovamente nella perfetta alleanza con Dio e che è composto da Santi, in quanto il Santo non potrà giungere a santificare il popolo fino a quando il popolo stesso non sarà già santificato.

In forza, attenendoci al solo senso formale e immediatamente percepibile di questo componimento, parrebbe che il Salmista paragoni il sentimento che si prova nel condividere la propria esistenza con i fratelli ad un'unzione divina e alla rugiada rinfrescante della montagna; in altri termini si potrebbe dedurre, e molti deboli purtroppo sono inclini al farlo, che sia sufficiente condividere un luogo ed un’esperienza (alle volte blanda), per godere dell’influenza benefica divina. Mi si permetta, pur avendo consapevolezza del contesto religioso e degli stilemi utilizzati di cui abbiamo parlato in apertura di questo libro, di sottolineare una evidente e palpabile esagerazione in tale semplicistica lettura, la quale purtroppo è sovente foriera di travisamenti e suggestioni da parte di traballanti praticanti. Ecco quindi che forse sarebbe necessario comprendere cosa si celi realmente dietro questa vibrante poetica, preliminarmente dobbiamo interrogarci chi mai siano questi fratelli di cui il Salmista narra, non riferendosi certamente a fratelli carnali, a semplici convenuti o a novelli affabulatori del sacro; il Salmista sta qui descrivendo degli uomini che condividono un identico percorso spirituale e si riconoscono simili fra simili in forza di qualità spirituali e psicologiche comuni e condivise. Un viatico, quello narrato, che oltre ad essere cemento di rapporti sentimentali[1], è soprattutto riconoscimento di una comune figliolanza spirituale; ecco il reale significato della parola fratelli in questo contesto, e come siffatta fratellanza (che nasce già prima di ogni apparenza e riconoscimento) sia un viatico che conduce non solo ad uno stato di necessario distacco dalle contingenze e dalle necessità della vita "profana", ma, e soprattutto, a renderci idonei a ricevere la consacrazione sacerdotale, il ristoro della natura e la benedizione divina.

È possibile affermare, rafforzando siffatto contesto, che si crea una condizione biunivoca: siamo fratelli perché posti in un percorso sacerdotale di servizio all’Altissimo, ma siamo fratelli perché siamo sacerdoti, e quindi figli, dell’Altissimo; quanto esposto, purtroppo per molti, rifugge da una centralizzazione dell’individuo e dei suoi meschini interessi (abbiamo del resto visto come il modo migliore di operare con i Salmi sia l’allocentrismo) e necessita di comprensione di come l’autentico viatico trovi centralità nel solo “culto divino”.

Nel proseguo della narrazione del Salmo, troviamo Aronne. La figura di questo sacerdote, all'interno della narrazione veterotestamentaria, è duplice. Egli è l'uomo della doppia mediazione, fra Mosè e la corte del faraone e fra Mosè e il popolo; inoltre, quando fu incaricato all'ufficio del servizio all'Arca, Aronne venne unto e consacrato per il sacerdozio, adornato nei paludamenti afferenti al ruolo e istruito nelle sue varie mansioni (Esodo 28 e 29)[2].

Nello stesso giorno della sua consacrazione i suoi figli, Nadab e Avihu, vennero dissolti dal fuoco divino per aver offerto incenso e fumigato in un modo che trasgrediva la legge (Levitico 10[3]).  Ciò deve far comprendere come, dietro alle apparenze di spensierato ristoro che traspare dal Salmo, si nasconda il duro esercizio di un culto che ammette poche deviazioni; è questo il suggestivo parallelismo, memori che niente è gratuito, fra la gioia dello stare assieme e il rigore del sacerdozio. Questa unzione sacra che discende comandando ogni anfratto e abito del “fratello” è come fresca rugiada dove il premio, il balsamo tonificante dell’acqua ristoratrice, sembra quasi un corollario, ed in effetti lo è, in quanto segue e non precede la consacrazione sacerdotale, ad indicare come prima di ricevere sia necessario essere.

Vorrei adesso spendere alcune riflessione sul Monte Hermon il quale costituiva, nell'universo religioso e politico ebraico, la frontiera nord della Terra Promessa, oltre il cui limitare si ergevano regni e popoli avversi e potenti; esso è formato da tre cime, le quali simboleggiano la SHIN[4] (una delle tre lettere madri assieme ad ALEPH e MEM) che rappresenta, nella sua interpretazione rabbinica, il fuoco spirituale. La SHIN, sovente associata anche al roveto ardente, trasmette al discepolo l'immagine immanente di questo vitale fuoco divino che ardendo è baluardo contro le forze di prevaricazione.

Troviamo, nel libro di Isaia 14,13[5], come il monte Hermon  sia la dimora di Helel Ben Shahar[6], che la tradizione cristiana individua in Lucifero. Ancora, nel Libro di Enoch, questo monte è il luogo dove i Grigori ("osservatori") discesero sulla Terra agli albori della razza umana e, disubbidendo al mandato del Creatore, si legarono in solenne giuramento condividendo gli uni la sorte degli altri, stabilendo che si sarebbero uniti alle figlie degli uomini (la loro progenie saranno i Nefilim[7]) e donato alla razza umana i segreti della metallurgia, della scienza, della magia e dell'arte[8].

Ecco quindi, lasciando al lettore intessere i debiti collegamenti, il significato occulto di questo Salmo e la sostanzialità di questa "fratellanza" che è da intendersi come "legame/legato eggregorico" e dove, attraverso la recita del Salmo, le persone stringono una "simpatica unione" che trova fondamento non solo nella coincidente prospettiva, ma soprattutto nella fattiva opera che trasla i suggellatori del patto su di un piano spirituale.

Quando e come operare con questo Salmo?

Nei momenti in cui si necessita di estraniarci dal contesto quotidiano in cui siamo immersi, oppure quando desideriamo erigere attorno a noi una fortezza rappresentata dalla catena montagnosa, contro gli agenti di disturbo e di confusione; oppure, in riferimento al mito dei Vigilanti (Grigori, da cui deriva la parola eggregore), quando si ricerca ispirazione ed ingegno. L'ora sicuramente maggiormente appropriata per la recita è quella del Sole, o quella retta dal pianeta maggiormente idoneo in funzione della nostra richiesta di lume ed ispirazione. La pratica vale quella generale: visualizzazione di noi stessi come protagonisti del Salmo, enfasi nella recitazione e trasporto immaginifico nella sua declamazione.

 Salmo 132

La concordia nella Chiesa è dolcissima, ed è benedetta da Dio.

1Cantico de' gradi di Davide. Oh quanto buona, e dolce cosa ell'è, che i fratelli siano insieme uniti! 2Come quell'unguento sparso sulla testa, il quale cola fin sulla barba, sulla barba di Aronne, 3E cola fino all'estremità della sua veste: come la rugiada dell'Hermon, che cade sul monte di Sion. 4Perchè quivi il Signore ha data benedizione, e vita fino in sempiterno. (dal Libro dei Salmi Bibbia Martini)


[1] Che balenò una luce vermiglia La qual mi vinse ciascun sentimento; E caddi come l’uom cui sonno piglia (Dante)


[2] Farai per Aronne, tuo fratello, abiti sacri, che esprimano gloria e maestà. 3 Tu parlerai a tutti gli artigiani più esperti, ai quali io ho dato uno spirito di saggezza, ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l'esercizio del sacerdozio in mio onore. 4 Ed ecco gli abiti che faranno: il pettorale e l'efod, il manto, la tunica damascata, il turbante e la cintura. Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in mio onore. 5 Essi dovranno usare oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso…. 40 Per i figli di Aronne farai tuniche e cinture. Per essi farai anche berretti a gloria e decoro. 41 Farai indossare queste vesti ad Aronne, tuo fratello, e ai suoi figli. Poi li ungerai, darai loro l'investitura e li consacrerai, perché esercitino il sacerdozio in mio onore.


[3] 1 Ora Nadab e Abiu, figli di Aronne, presero ciascuno un braciere, vi misero dentro il fuoco e il profumo e offrirono davanti al Signore un fuoco illegittimo, che il Signore non aveva loro ordinato. 2 Ma un fuoco si staccò dal Signore e li divorò e morirono così davanti al Signore. 3 Allora Mosè disse ad Aronne: «Di questo il Signore ha parlato quando ha detto: A chi si avvicina a me mi mostrerò santo e davanti a tutto il popolo sarò onorato». Aronne tacque.


[4] La SHIN è una delle più importanti lettere, perché rappresenta due Nomi di Dio: SHEDAI (Illimitato) e SHALOM (Pace).


[5] Tu dicevi in cuor tuo: "Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell'assemblea, nella parte estrema del nord;


[6] Isaia 14:12 (Nuova Diodati) - "Come mai sei caduto dal cielo, o Lucifero, figlio dell'aurora? Come mai sei stato gettato a terra, tu che atterravi le nazioni?"


[7]              « 1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. 3 Allora il Signore disse: "Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni". 4 C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo -, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi.. »   (Genesi 6:1-8 (versione CEI 2008)


[8] Vi è sempre un baratto alla radice della religione e della magia.

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