I TRE MODELLI DELLO GNOSTICISMO

La Gnosi è veicolo e forma di redenzione

I sistemi gnostici alessandrini sono caratterizzati da un’avanzata speculazione filosofica, attorno al concetto Ente o radice prima di ogni manifestazione, le sue qualità che assumano forma di Eoni e il mondo inferiore che è frutto di errore e arroganza. Essi presentano una forma di dualismo orizzontale, dettato dall’ignoranza da parte del ‘dio inferiore’ creatore e organizzatore della manifestazione[1]; essi, come capiscuola, i già citati Basilide e Valentino. In genere questi sistemi offrono, come via per la salvezza, una sorta di estasi filosofica, tramite la comprensione attorno alla verità delle cose. Sovente, in accordo con la cultura contingente di cui sono espressione, danno vita a scuole filosofiche e ogni gnostico che raggiunge la conoscenza in seguito fonda la propria accademia. Forte in queste scuole di pensiero è il ricorso all’allegoria, al simbolismo e alla filosofia, laddove la formazione del mondo è ascrivibile a una sorta di rottura di un piano spirituale superiore di assoluta quiete, che genera, quasi fosse una cascata con innumerevoli balzi, una serie di errori e drammi sempre più accentuati. È questa la generazione ipostatica, che ritroviamo anche in Cabbalà.

I sistemi gnostici mediorientali si formalizzano in un paradigma dualistico verticale. Il quale presenta due Enti fra loro coevi, antitetici e conflittuali: Tenebre e Luce. Il mondo inferiore, la dimensione umana, altro non è che il luogo dove questi Enti guerreggiano per il predominio. I sistemi gnostici mediorientali si sono organizzati prevalentemente in forma di religioni a carattere universale e massiccio è il ricorso alla poetica e a un arabescato immaginario mitologico. Fra essi si distingue per importanza il mandeismo che si diffuse fino in Cina e risalì il bacino del mediterraneo fino in Francia, Spagna e la penisola balcanica. Fra il X e XI secolo dell’era cristiana esso, come una rosa in primavera, tornò a fiorire dando vita ai Bogomili[2] e ai Catari. Questi sistemi offrono quindi una verità rivelata, così come ogni altra confessione religiosa, e il potere sacramentale come strumento di redenzione e accoglimento del principio della luce. Malgrado questa similitudine con le Chiese di derivazione cristiana, in loro l’impronta dualistica porta a considerare il Dio Vetero Testamentario come demoniaco e avversario dell’uomo.

I barbelo-gnostici raccolgono gruppi quali i naaseni, i carpocraziani e gli ofiti ponendosi a ponte fra i gruppi, alessandrino e orientale, succintamente visti in precedenza. Per i barbelognostici l’elemento centrale della caduta e della successiva ascesa dello gnostico, del pneumatico, al Pleroma è rappresentato da un Ente femminile: Barbelo e Zoe. Essi si caratterizzano per una narrazione mitologica che trova fulcro nell’azione creatrice inficiata dall’ignoranza degli Arconti, nella maligna formazione da parte di essi dell’uomo grossolano, in una profonda avversione per la morale e la società e la preferenza per quelle figure dell’Antico Testamento che si ribellano al Dio Tetragrammatico. Quest’ultimo è specificamente individuato come il Demiurgo: il dio ignorante e arrogante. Anch’essi, come gli alessandrini, considerano lo gnostico altro rispetto all’uomo comune, e propongono rituali che investono la sfera magica e sessuale.


[1] Sovente identificato nel dio dell’Antico Testamento.


[2] Confessione sorta nel X nella Tracia e successivamente in Bulgaria. Univa una profonda etica neotestamentaria basata sulla povertà e la rinuncia, un dualismo tipicamente manicheo ed elementi di demonologia. In molto riconoscono nei bogomili i precursori dei Catari.

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