PRATICA ELI ELI LAMA SABACTANI

La Gnosi è veicolo e forma di redenzione

All’interno dell’esoterismo occidentale occupa un posto centrale la parola di potere:

Intere generazioni di esoteristi, di varie scuole, estrazione ed epoche, si sono cimentate con questa formula, che si riferisce alle ultime parole del Cristo Morente. La tradizione religiosa riporta come quest’ultimo chiese al Padre il motivo per cui era stato abbandonato, senza ricevere alcuna risposta. Invece di disperarsi, di maledire gli uomini o imprecare Dio per tale sorte, Gesù accetta il supplizio e si abbandona completamente alla volontà del Padre. Esso trova quindi l’ultima iniziazione sulla Croce. Questa iniziazione è il definitivo distacco dalle cose di questo mondo, è il non chiedersi una ragione degli accadimenti, e rivolgere il proprio essere ad un mondo superiore. Personaggi fondamentali della tradizione esoterica occidentale (Krummer Heller, Samael Aun Weor, Ambelain ecc..) hanno speso fiumi di inchiostro e cesellato pratiche mistiche, tantriche e teurgiche sulla centralità di Eli Eli Lama Sabactani.

Il mistero associato a queste parole (sulla cui grafia anche Martin Lutero tende un prudenziale dubbio riportandole sia con la Samech, sia con la Schin), è connaturato alla strutturazione della stessa lingua ebraica biblica. La quale non prevede vocali, ma solamente un flusso consonantico. L’assenza di vocali presta, ogni parola, ad una molteplicità di risultati, interpretazioni, camuffamenti e disvelamenti. Tale versatilità è stata ad ben impiegata da cabbalisti quali Abulafia[1] attraverso le famose permutazioni, le quali altro non sono che una forma cabalistica dei mantra o delle parole sacre. Egli ricercava la parola occulta nella parola e il suono nascosto nel suono. Attraverso questa feconda opera simbolica e sonora distaccava la mente dall’attaccamento dalle cose di questo mondo, riportandola all’interno di un contesto più elevato.

 Nella nostra particolare prospettiva, che ricordo essere quella di uno gnostico, quindi essendo individuale non vincolante, il significato occulto di questa sacra frase è:

”Padre Padre mi nutro dell’Antico Io. Padre Padre mi nutro dell’Antico Niente.”

Forte è l’impatto emotivo. Forte è l’implicazione simbolica ed immaginifica di queste parole occultate all’interno di un versetto biblico. Tutto ciò ci deve portare a riflettere sull’inutilità della scissione fra la nostra pratica e il patrimonio culturale e religioso su cui affondano le nostre radici. In quanto corriamo il rischio di privarci di utili strumenti ed elementi per la nostra crescita spirituale.

 Esercizio:

 Troviamo una posizione comoda, diamo vita ad una respirazione armonica dove ogni tempo (inspirazione, trattenuta ed espirazione) è ben bilanciato. Travata, l’armonia respiratoria, ripetiamo incessantemente questa formula.

 Associare a tale pratica una visualizzazione, che vede noi stessi centro dello spazio, dove progressivamente immaginiamo che tutti gli elementi posti attorno a noi si dissolvano. Prima gli oggetti lontani, e poi, a poco a poco, quelli sempre più vicini. Quando nella nostra immaginazione percepiremo uno spazio vuoto, iniziamo a dissolvere anche noi stessi, partendo dalle zone maggiormente periferiche, fino a quando non saremo altro che la formula stessa che stiamo mantralizzando.

 Questa pratica porta notevoli benefici anche per calmare stati di ansia, per liberarci dall’oppressione dei sentimenti, e per sgombrare la nostra mente dalla massa tumorale e cacofonica dei pensieri.

 Il periodo migliore della giornata in cui procedere è sicuramente la sera prima di addormentarsi, ne guadagneremo in lucidità onirica e nella qualità stessa del sonno.


[1] Abramo Abulafia, nome italianizzato di Abraham ben Samuel Abulafia (in ebraico: אברהם בן שמואל אבולעפיה; Saragozza, 1240 – Comino, 1291), è stato un filosofo e mistico spagnolo di origini e cultura ebraiche. È considerato uno dei maggiori studiosi della Qabbalah dell'epoca medioevale. Uno degli aspetti pratici del suo sistema prevedeva le cosidette “permutazioni” delle lettere che compongono i nomi divini. Attraverso la scomposizione e ricomposizione delle medesime, il loro studio e “canto” riteneva che si potesse giungere a stati di coscienza superiori e comprendere il significato occulto della Torah.




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